La minoranza che nessuno difende è quella più perseguitata fra tutte

12 Nov 2024 | Politica

Esiste un’eccezione tra le mille minoranze difese dal politicamente corretto, un’unica, macroscopica eccezione: i cristiani. Stiamo imparando sulla nostra pelle la forza distruttrice del politicamente corretto, di quella woke culture che si illude di costruire un mondo migliore riscrivendo il nostro passato e rieducando i cittadini a un pensiero omogeneo. Tra i suoi cardini vi è la difesa delle minoranze, come espressione della libertà individuale. Non importa che si tratti di sparuti gruppi o di persone unite dalle più strane convinzioni, ciò che conta è che nessuno sia limitato nella propria autodeterminazione. Ma tutto ciò non vale per i cristiani, i quali possono essere non solo criticati e confutati come è giusto che sia, ma possono subire attacchi e violenze senza che si alzi un solo coro in loro difesa da parte dei sacerdoti progressisti.

Mentre in Occidente disquisiamo dei diritti di chiunque si senta discriminato per i motivi più assurdi, in molte nazioni del resto del mondo i cristiani sono perseguitati con lo stesso furore dei primi secoli. L’Indice globale della persecuzione dei cristiani 2024, redatto dalla Ong internazionale Open Doors, conta oltre 365 milioni di cristiani perseguitati o discriminati nell’ultimo anno. I numeri sono allarmanti: 4.998 cristiani uccisi per la loro fede, una media di 13 al giorno; 4.125 cristiani detenuti in carcere contro il diritto internazionale; 3.906 cristiani rapiti, quasi sempre al fine di richiedere un riscatto; 14.766 chiese o luoghi di culto attaccati e talvolta distrutti. Sono dati confermati anche dal Rapporto sulla libertà religiosa 2023 di Aiuto alla Chiesa che soffre, che stima in 4,02 miliardi le persone che vivono in paesi dove non è garantita la libertà religiosa.

Il calvario di Shagufta

Se volessimo individuare sul planisfero dove avviene tutto ciò, lo potremmo fare evidenziando una fascia compresa tra l’equatore e il Tropico del Cancro, e che si estende tra l’America centrale e l’Estremo Oriente passando per l’Africa. E sempre se volessimo trovare una spiegazione sotto il profilo giuridico e politico, dovremmo ricordare che si tratta di una vasta zona di mondo in cui due fattori sono stati cardine nel tempo, l’islam e il comunismo. Il primo come religione di Stato, ad esempio in Pakistan, Afghani- stan, Somalia e Yemen, il secondo come ideologia politica con profonde conse- guenze sociali ed economiche, come in Cina, Laos e Corea del Nord.

Dove l’islam detta i confini delle norme statuali e regola la vita delle persone, la prima libertà che viene meno è quella di culto. Ne è un esempio la luminosa storia di Shagufta Kausar, donna pakistana incarcerata insieme al marito, che recentemente ho ospitato alla Camera perché raccontasse la sua storia di perseguitata per la fede (da leggere il suo libro Under Threat of Death, Withaker House). Shagufta lavorava come donna delle pulizie in una scuola cattolica ed era analfabeta quando fu ingiustamente arrestata per blasfemia. Suo marito fu picchiato e i quattro figli presi in custodia dallo Stato. Condannata a morte, le fu offerta la libertà in cambio dell’abiura della fede cattolica. Shagufta rifiutò e si salvò solo grazie alle pressioni internazionali, in particolare del Parlamento europeo.

 

Intollerabile libertà

La situazione non cambia dove è il comunismo a governare: essendo per sua natura ateo, non accetta alcun tipo di culto, anteponendo a tutto la primazia del partito e dello Stato. L’esempio principale è senza dubbio il regime della Corea del Nord che impone come unico culto quello del leader della nazione Kim Jong-un. O come in Cina, dove la religione è tollerata se sottomessa al controllo dello Stato. È straordinario ascoltare le storie di alcuni uomini e donne che hanno mantenuto la fede in zone remote senza poter accedere ai sacramenti per moltissimi anni. Infine, vi sono i casi dell’America centrale e caraibica, dove si registra una persecuzione da parte di gruppi – se non di go- verni – legati al narcotraffico, per cui il cristianesimo rappresenta, ancora una volta, un intollerabile punto di libertà per tutto il popolo.

Di fronte a questi fatti, siamo chiamati a richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica occidentale, perché non dimentichi che il cristianesimo ha contributo a fondare la nostra libertà e che la sua persecuzione è il peggior indicatore nel valutare le condizioni di vita di una nazione. Difendere questa minoranza molto spesso è quanto di più importante si possa fare per dare una speranza ad interi popoli. Ed è anche il modo migliore perché il politicamente corretto non abbia la meglio.