Le riforme in corso per una giustizia sobria, chirurgica e tempestiva

21 Ott 2024 | Politica

Credo che ogni politico abbia pensato, almeno all’inizio del proprio percorso, all’eventualità di trovarsi coinvolto in una vicenda simile a quella che ha travolto Giovanni Toti – e purtroppo molti prima di lui. È accaduto anche a me. Mi ricordo che ne parlai con mia moglie mettendola in guardia che un giorno avrebbe potuto vedere il mio nome gettato nel fango o ritrovarmi rinchiuso in carcere con accuse gravissime. Quel giorno ho scelto di non farmi fermare dalla paura, dalla sensazione di essere alla mercé di un potere ineffabile e senza volto che avrebbe potuto interrompere il mio cammino senza possibilità di appello, almeno da un punto di vista politico.

L’Italia ha tanti problemi strutturali, dal calo demografico al debito pubblico passando per il rebus dello sviluppo del Sud. Ma ne esiste uno che segna più di tutti la qualità della nostra democrazia, che pone l’Italia sullo stesso piano di alcuni paesi latinoamericani. Quando si rompe l’imprescindibile equilibrio tra potere politico e potere giudiziario, quando la magistratura sprigiona in maniera abnorme le sue leve di potere, andando oltre il perimetro del buon senso (per non dire di ciò che le è consentito), solitamente ci risvegliamo dal torpore, e soprattutto noi politici capiamo che sussiste una stortura grave nel nostro assetto istituzionale, ma dopo poco, impotenti, torniamo alle nostre faccende, con un sospiro di sollievo perché la gogna ancora non ci ha toccato. Ormai anche a parte della sinistra (non tutta purtroppo) è chiaro che qualcosa vada fatto, pena lasciare la politica sotto lo schiaffo di alcune procure politicizzate.

La giustizia, come mi disse uno dei miei padri politici, Maurizio Sacconi, dovrebbe avere tre caratteristiche fondamentali. Innanzitutto dovrebbe essere sobria. Che gli avvisi di garanzia siano comunicati a mezzo stampa o che intere intercettazioni siano date in pasto all’opinione pubblica segnala la smania di protagonismo di certi magistrati. La giustizia dovrebbe essere anche chirurgica. Che senso ha la costruzione di teo- remi complessi e il coinvolgimento di decine di indagati per dare risalto mediatico a un’inchiesta o sperare che “sparando nel mucchio” qualcosa si raccolga? Infine, la giustizia dovrebbe essere tempestiva. Ormai all’inizio di ogni campagna elettorale ci chiediamo a chi toccherà finire nel tritacarne, considerando la grottesca puntualità con cui alcune procure attivano procedimenti penali verso politici, magari dopo anni di indagini e fascicoli lasciati chiusi nel cassetto.

 

La riforma del centrodestra

La vicenda di Giovanni Toti mi ha fatto provare una rabbia amara. Sono i senti- menti tipici di chi vede un’ingiustizia ma non ha gli strumenti per impedirla. Il centrodestra sta provando invano da circa 30 anni a sanare la ferita che ha prodotto Tangentopoli nella storia repubblicana. Gli ultimi provvedimenti del governo Meloni, alcuni ancora in fase di approvazione in un ramo del Parla- mento, vanno nella giusta direzione e intervengono laddove nemmeno Berlusconi è riuscito. Innanzitutto, l’ottimo ministro Nordio ha abolito l’abuso d’ufficio, reato corresponsabile di molto dell’immobilismo della pubblica amministrazione, che ha intasato i tribunali con migliaia di provvedimenti finiti nel nulla (i dati del ministero della Giustizia parlano di 9 condanne su più di 5 mila processi). Ha poi messo mano alla normativa sulle intercettazioni, vietando ai giornalisti la pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle conversazioni intercettate in tutti i casi in cui quest’ultimo non sia riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedi- mento o utilizzato nel corso del dibatti- mento. Pubblici ministeri e giudici inoltre, dovranno stralciare da provvedimenti e brogliacci i riferimenti a terze persone non indagate.

 

Prossima tappa: il carcere preventivo

È stato anche circoscritto il reato di traffico di influenze illecite, limitandolo a relazioni strumentali con un pubblico ufficiale esistenti e non solo millantate. Infine, ciò con cui abbiamo iniziato e che ci riporta al caso Toti. Per quanto riguarda l’adozione di un’ordinanza di custodia in carcere nel corso delle indagini preliminari, la nuova normativa prevede che la decisione non sia più presa da un singolo giudice ma sia sottoposta a un organo collegiale. Nella speranza di trovare almeno “un giudice a Berlino”.

Il futuro sostanziale della nostra democrazia passa dalla capacità che avrà la politica di difendere il perimetro che la Costituzione le assegna. Forse i tempi sono maturi perché questo accada.

 

Articolo apparso sulla rivista Tempi di Settembre 2024