Alzi la mano chi non ha sorriso, con una certa soddisfazione e anche un senso di liberazione, guardando il video in cui Mark Zuckerberg annunciava al mondo, probabilmente dal salotto di casa sua tra un caffè e un tuffo in piscina, di aver forse sbagliato a bannare i post di quanti non si erano allineati al politicamente corretto. Meta, dopo un decennio di censura sistematica su Facebook e Instagram (anche verso politici democraticamente eletti), ha deciso di mettere in soffitta il fact checking e ha riscoperto che l’Occidente è nato sulla libertà di pensiero ed espressione. Bene, bravo, bis!
Questo episodio, che riguarda uno dei grandi sacerdoti del progressismo, segna forse l’inversione di una tendenza che sembrava inarrestabile. Il progressismo (un tempo si chiamava comunismo e prima ancora giacobinismo) prova a illuderci che il futuro
dell’umanità sia già scritto e presto vivremo il paradiso in terra. È la grande tentazione utopica di tutte le ideologie, di immaginare un avvenire nel quale dolore e morte non esistono più, in cui l’uomo sarà riuscito finalmente a sconfiggere il male, grazie innanzitutto alla sua scienza e alla capacità tecnologica. Che il nostro destino sia di vivere in un mondo senza guerre, al 100 per cento ecosostenibile, dove non saremo costretti alla fatica del lavoro e, soprattutto, dove tutti saremo uguali. A un’unica piccola condizione: rinunciare alla nostra libertà e allinearci alle nuove regole del vangelo laico del politicamente corretto.
L’obolo al nuovo re
Ne avevano già scritto Orwell e Benson in romanzi che a rileggerli oggi ci lascia- no con un filo di angoscia per la loro capacità profetica. Ma la storia non è affatto già determinata, non esiste una forza esterna ad essa (il progresso appunto) capace di ricapitolarla, un’inerzia che la rende ineluttabile, bensì è fatta di contraddizioni, cadute e retromarce e di una realtà che è più forte e resistente di ogni ideologia: il cuore dell’uomo, la sua libertà. Gli americani – il popolo che più di tutti ha nella libertà il suo carattere distintivo – hanno detto basta, stufi di non poter usare la propria testa e di doversi sottomettere alla polizia morale del progressismo. Lo hanno fatto compiendo una cosa molto semplice, hanno votato Donald Trump, un signore che non passerà certo alla storia come il nuovo Abraham Lincoln, ma che ha saputo dire agli elettori l’unico messaggio che cercavano: io difenderò la vostra libertà.
Ann Telnaes, vignettista del Washington Post, ha deciso di abbandonare il giornale in protesta verso il suo editore Jeff Bezos per la censura di una vignetta che ritraeva Zuckerberg e lo stesso Bezos genuflessi a Trump come i Re Magi con Gesù. Tutto ciò mi ha fatto pensare che il vero motore del progressismo non è il potere ma il denaro. Pur di non vedere attaccate le proprie rendite di posizione, i magnati della Silicon Valley, dove il progressismo ha uno dei suoi maggiori incubatori ideologici, si sono affrettati a portare il proprio obolo al nuovo re e a compiere repentine inversioni di marcia, non hanno esitato a riposizionarsi anche a costo di apparire incoerenti e ridicoli.
La storia non è già scritta
L’aria sembra cambiata anche nel sistema universitario. Ad esempio, si registra una decisa emigrazione interna tra gli atenei dell’Ivy League, dove la cultura woke ha trovato i suoi epigoni, e quelli degli Stati del Sud. Gli studenti non sono più pronti a scucire decine di migliaia di dollari ogni anno e vivere con la paura di essere espulsi o sanzionati per un post mal scritto o una battuta di troppo o, peggio ancora, per un pensiero giudicato fuori posto.
Anche alcune grandi corporation stanno tornando al passato. Ford, Walmart, oltre alla stessa Meta, stanno abbandonando i programmi Dei (Diversity, Equity and Inclusion), probabilmente per accondiscendere alla nuova amministrazione Trump ma anche forse perché si stanno rivelando programmi di discriminazione anziché di inclusione.
Che tutto ciò rappresenti davvero la fine di un’epoca è ancora da capire ma i segnali sono incoraggianti. A noi il compito di usare il cuore, difendere la nostra libertà a scuola, in fabbrica o in ufficio, in famiglia o con gli amici. Amare la libertà, contro ogni ideologia che la vorrebbe imbrigliare. Perché la storia non è già scritta.