Niente si può dare per scontato nell’anno della prova per la democrazia

26 Feb 2024 | Esteri, Politica

Secondo l’“Economist” solo in 43 nazioni sulle 76 che andranno al voto nel 2024 saranno garantite elezioni libere. L’Occidente farà bene a prendere coscienza del dato senza inseguire illusioni.

Il 2024 verrà ricordato come l’anno della più vasta tornata elettorale della storia moderna. Tra elezioni politiche e amministrative si recheranno alle urne più di 4 miliardi di persone, il 51 per cento della popolazione globale. Tutti i continenti saranno toccati: dalle Americhe, con Stati Uniti, Messico e Brasile, passando per l’Unione Europea, con le elezioni al Parlamento europeo, e l’Africa dove saranno chiamati al voto 18 paesi, fino alla Russia, ai giganti asiatici come l’India e il Bangladesh e all’Australia.

Quale equilibrio uscirà dal voto è uno degli interrogativi più complessi cui politologi e analisti stanno provando a rispondere. Sono almeno tre i fattori da considerare. Innanzitutto, la distinzione tra elezioni libere e quelle campagne elettorali che si svolgeranno in condizioni democratiche ibride o in contesti autoritari. Secondo l’Economist, solo in 43 nazioni sulle 76 al voto saranno garantiti i pieni requisiti democratici.

Pesi diversi, diverse misure

Il secondo criterio è il peso delle differenti competizioni. Le elezioni in Europa, Stati Uniti, Russia e India determineranno il destino di quattro dei cinque grandi baricentri globali insieme alla Cina, mentre altre elezioni rimarranno del tutto periferiche. L’Unione Europea si prepara a una legislatura decisiva per la definizione del ruolo che può e vuole avere a livello internazionale: le proiezioni di voto non prevedono particolari sorprese nell’assetto di potere ma non è da sottovalutare la pressione che arriva dalle popolazioni europee, a causa di un generale impoverimento del ceto medio che potrebbe scaricarsi sugli esiti politici.

Difficile, invece, fare previsioni sugli Stati Uniti, dove Trump ha vinto le primarie del suo partito ancora prima che iniziassero e si prepara a un lungo corpo a corpo con Biden per rivalersi dopo il drammatico epilogo del suo mandato presidenziale. La vittoria di Trump consegnerebbe probabilmente il paese all’instabilità, quella di Biden all’immobilismo. Comunque i cittadini americani dovranno scegliere tra due personaggi che forse hanno già dato il meglio di sé: non un bel segnale sullo stato di salute della democrazia a stelle e strisce.

Guardando alla Russia, tutti sanno che si tratta di un gigante con i piedi d’argilla ma la leadership di Putin non è in discussione, soprattutto in questa fase bellica nella quale è in gioco la natura stessa del paese. Come diceva Brzezinski, la Russia con l’Ucraina è una potenza globale, senza di essa rimane un player regionale asiatico.

Infine l’India, ormai lo Stato più popoloso del mondo: Modi dovrebbe rivincere ma dovrà battere una larghissima coalizione politica composta da ben 26 partiti.

Realismo e responsabilità

Il terzo aspetto da pesare è il significato simbolico che alcune elezioni potrebbero avere. Basti pensare a quanto avvenuto a Taiwan, dove la vittoria di Lai Ching-te, il candidato del Partito democratico progressista, ha sfidato a viso aperto la strategia egemonica cinese nel quadrante sino-indiano. Stesso discorso vale per l’Ucraina, dove oggi vige la legge marziale, ma che potrebbe decidere di rinnovare, nel caso venissero indette le elezioni, un forte mandato popolare a Zelensky, utile mossa nella resistenza contro l’invasione russa.

Oppure si guardi al Venezuela che vive da undici anni sotto la dittatura chavista, e la cui popolazione, sperando di poter finalmente voltare pagina, si affida a María Corina Machado, già sodale di Maduro ma oggi leader dell’opposizione.

L’Africa è un discorso a parte, anche considerando gli otto colpi di Stato registrati negli ultimi tre anni. La democrazia africana è ancora acerba. Interessanti saranno le elezioni in Sud Africa dove il partito fondato da Mandela potrebbe perdere il potere dopo trent’anni anni di governo.

È pertanto difficile fare previsioni su quale sarà il nuovo scenario politico e se prevarrà un maggior ordine globale. Certamente, esistono ancora diverse nazioni nelle quali le elezioni non sono altro che uno strumento per perpetrare dittature più o meno manifeste. È bene che l’Occidente prenda coscienza di questo dato, senza infatuarsi di letture ideologiche per cui la democrazia sia un fatto ineludibile con la diffusione del progresso. La strada per l’allargamento della democrazia è più lunga e complessa.

Inoltre, in una fase di crisi mondiale, con almeno due terribili conflitti come quello ucraino e quello palestinese, le leadership esistenti tenderanno a consolidarsi e forse le popolazioni saranno più restie a cambi di governo. Emerge quindi come le attuali classi politiche debbano vivere con senso di responsabilità le sfide epocali che stiamo attraversando.

 

Articolo pubblicato sulla rivista Tempi di Febbraio 2024