Che cosa può reggere di fronte alla forza del potere? Non certo un’architettura fondata su procedure burocratiche e una inesistente superiorità morale
«A Roma tutto ha un prezzo», scriveva il retore Giovenale. Già ai tempi dell’impero romano o dell’antica Grecia la politica e la vita delle istituzioni erano attraversate da episodi di corruzione. Non rimaniamo pertanto sorpresi dai recenti fatti di cronaca europea. Il Qatargate non sarà certo l’ultimo tsunami di malaffare che si abbatterà sulla nostra democrazia. Solo un grillino potrebbe ancora sorprendersi e credere il contrario. Allo stesso tempo, sappiamo dalla Storia che, oltre un certo livello di corruttela, le istituzioni pubbliche si erodono a tal punto da implodere su loro stesse. Pertanto, il rapporto tra potere e affari, tra responsabilità pubblica e interessi privati sempre rimarrà sul tavolo della nostra vita democratica come un aspetto problematico.
Anziché stracciarsi le vesti, a volte in maniera ipocrita, o scadere in considerazioni dal vago sapore neopuritano, credo sia più interessante interrogarsi su cosa questo scandalo voglia dire dell’Europa e su come si possa vivere la politica in maniera diversa.
La fragilità della tecnica senza popolo
Innanzitutto, l’Unione Europea paga la sua architettura istituzionale, lontana dalla piazza popolare e dal ruolo di vigilanza che essa potrebbe esercitare. Le procedure decisionali comunitarie sono schermate da una presunta neutralità burocratica alla quale la classe politica partecipa quasi a corollario. Ciò comporta un’autoreferenzialità delle istituzioni che diventano, all’improvviso, maggiormente permeabili all’influenza di interessi organizzati e potenti come quelli rappresentati da Stati sovrani o industrie multinazionali. In questa cornice, l’alleanza strutturale tra popolari e socialisti ha generato nel tempo l’effetto collaterale di una sorta di consociativismo, facendo venire meno la necessaria dialettica e i controlli incrociati da essa generati che una democrazia matura richiederebbe. È chiaro che se le posizioni dei due maggiori partiti dell’Europarlamento costantemente convergono, è più semplice che le decisioni pubbliche subiscano le ingerenze indebite esercitate sulla classe politica. Quindi una tecnè senza demos, sommata alla mancanza di alternanza politica, produce un ecosistema istituzionale più fragile e più corruttibile.
In più, il fatto che a cadere nel caso del Qatargate siano stati proprio membri del partito socialista, avamposto della cultura progressista che ha rifondato negli ultimi i decenni le basi “morali” dell’Unione Europea, fa emergere i limiti della sua visione proceduralista e manichea. Non bastano tonnellate di procedure burocratiche per consolidare un ethos comune, come non esiste una superiorità morale rispetto alle altre formazioni politiche, comprese quelle del Sud o dell’Est Europa, le quali molto spesso sono state accusate di essere strutturalmente compromesse.
Una tentazione che riguarda tutti
A peggiorare ulteriormente questo quadro a tinte fosche si aggiunge la mancanza di una selezione e di una formazione della classe dirigente. La porta girevole tra avanspettacolo e politica e la contaminazione del dibattito pubblico con forti dosi di qualunquismo che hanno portato alla frequentazione delle istituzioni da parte di persone non preparate alla gestione del potere, ci hanno fatto perdere il senso della “sacralità” del servizio alla res publica. E anche nei casi in cui – come ci insegna Panzeri – il cursus honorum è stato lungo, la tentazione di massimizzare i profitti personali rimane elevatissima. È una tentazione che riguarda tutti, nessuno è escluso.
Che cosa può reggere di fronte alla forza del potere? La dimensione ideale, vissuta in un ambito comunitario e popolare, è forse il miglior antidoto a queste derive, in quanto richiama più facilmente quanti hanno responsabilità pubbliche all’origine e al fine del loro impegno. Non esistono pertanto scorciatoie o democrazie perfette ma possono esistere luoghi, compagnie, financo partiti, che riconoscano la necessità di non abbassare la guardia di fronte al potere, di alimentare la propria tensione ideale, di accompagnare e richiamare i componenti della propria comunità di riferimento al realismo e alla rettitudine che la politica richiede.
Articolo pubblicato sulla rivista Tempi d Gennaio 2023