Quali larghe intese aspettarci dopo le elezioni europee

27 Mag 2024 | Esteri, Politica

I conservatori potrebbero essere la terza forza per seggi a Strasburgo e il loro peso potrebbe riequilibrare l’asse tra popolari e socialisti, trovando maggioranze inedite su molti dossier.

Le elezioni europee sono alle porte e sul palcoscenico si agitano gli interessi delle singole nazioni e delle differenti famiglie politiche europee. I nuovi equilibri delle istituzioni comunitarie nasceranno infatti dall’intersezione tra le aspirazioni di chi guida gli Stati membri dell’Unione e chi presiede i grandi partiti transnazionali. Quale partita giocheranno Meloni, Macron, Sánchez o Scholz? Quali alleanze saranno pronti a stringere i popolari e i socialisti, i conservatori, i verdi o i liberali?

La debolezza di Olaf Scholz

È interessante capire, innanzitutto, come i principali paesi membri arriveranno a questa decisiva tornata elettorale. Per la prima volta dopo vent’anni non sarà Angela Merkel a dare le carte. Siamo entrati in una nuova fase che non ha ancora trovato un suo punto di equilibrio e nella quale rimangono pendenti due questioni fondamentali: il ruolo della Germania, oggi guidata da un leader debole come Olaf Scholz, e la tenuta della dottrina Merkel che vede nelle larghe intese strutturali tra popolari e socialisti il fondamento della maggioranza nel Parlamento europeo.

Il governo del cancelliere socialdemocratico arranca sotto i colpi di una recessione economica che mette in discussione il modello di sviluppo tedesco e il suo ruolo internazionale di fronte a uno scenario di de-globalizzazione. Al tempo stesso, l’alleanza tra popolari e socialisti, pur non essendo messa in discussione, necessita di un tagliando, almeno per quanto concerne gli altri partner di governo. Per esempio, la presenza dei verdi nella Commissione Von der Leyen ha condotto l’Unione Europea su strade pericolose che chiedono una pronta correzione, come quelle del Green Deal e della disastrosa politica energetica ad esso connessa.

Macron sempre più logorato

Come si comporranno le larghe intese europee resta dunque il nodo politico da sciogliere e nel quale si inseriscono altri due attori protagonisti, la Francia di Emmanuel Macron e l’Italia di Giorgia Meloni. Macron arriva a giocarsi la partita europea nella parte finale del suo secondo mandato presidenziale, logorato da un drastico calo della fiducia, tanto da essersi dovuto buttare su una battaglia del tutto ideologica come l’inclusione del diritto all’aborto in Costituzione per nascondere i propri fallimenti sugli altri fronti.

Il presidente francese è poi sempre stato a parole un fervente promotore dell’Unione Europea ma nei fatti ha spesso svelato il suo vero obiettivo: far guadagnare spazi alla Francia nei settori strategici dell’industria europea e nella proiezione internazionale. Per esempio, è noto almeno dal 1954, quando fallì la Comunità europea di difesa, che i francesi sono a favore di un esercito comune europeo solo se esso coincide con il loro. Come appare evidente che le fughe in avanti del presidente francese nella vicenda ucraina o nel rapporto ambiguo con molti paesi africani dove sono scoppiati recentemente dei golpe, non siano altro che il tentativo di affermare un protagonismo transalpino anziché europeo.

Dubito che questa Francia saprà raccogliere la fiducia di altre nazioni in un percorso di ricomposizione comunitaria. E anche per questo appare forzata la proposta di Macron di candidare Mario Draghi alla guida della Commissione europea, considerando inoltre il fatto che non sarebbe espressione né dei popolari né dei socialisti.

L’occasione di Giorgia Meloni

L’Italia è invece a detta di molti osservatori internazionali la nazione che si presenta al tavolo delle negoziazioni che si apriranno il 10 giugno con le carte migliori. Giorgia Meloni è la leader con il più alto indice di gradimento in Europa, si appresta a presiedere un G7 epocale per la presenza di papa Francesco, e rappresenta la famiglia dei conservatori che potrebbero essere il terzo partito in termini di seggi al Parlamento europeo. Il peso dei conservatori potrebbe riequilibrare l’asse dell’alleanza tra popolari e socialisti, trovando in Parlamento maggioranze inedite su molti dossier.

La prossima legislatura dovrà affrontare la revisione del Green Deal, mettere in campo un robusto piano europeo per la crescita demografica, evitare derive ideologiche sui temi etici, governare la transizione verso l’intelligenza artificiale, trovare una soluzione al conflitto ucraino. Oltre alle sfide tematiche, i prossimi cinque anni saranno decisivi anche per la definizione dell’architettura europea: perché si affermi un’Europa più sussidiaria occorre porre limiti allo strapotere delle corti, far rispettare le distinzioni di competenze verticali tra Unione Europea e Stati membri, saper utilizzare il principio dell’unanimità in chiave dinamica.

L’Italia arriva pronta a questo tornante, l’auspicio è che l’Europa torni a essere terra di pace e prosperità come era nei sogni dei padri fondatori.

Articolo pubblicato sulla rivista Tempi di Maggio 2024